Inizio

Tanti di voi conoscono l’associazione La Pannocchia onlus che da più di undici anni vive e lavora nel codroipese a favore dei disabili psicofisici.

Un pò meno sanno che l’associazione nacque nel 1996, anno difficile per le famiglie con un disabile al proprio interno: venne approvata la Legge Regionale 41 che cambiò le carte in tavola per chi doveva occuparsi di loro e creò un vero e proprio terremoto nelle famiglie.

I Comuni furono obbligati a decidere a chi affidare la gestione della disabilità, cioè se alla Sanità o al CAMPP, privato sociale, o ad un consorzio di Comuni.

Vi siete mai chiesti come si diventa disabili?

Mia figlia è nata dopo nove anni di matrimonio, quando la sofferenza di non riuscire ad aver figli aveva già perso i connotati di tragedia ed avevamo adottato un bambino, biondo, minuto e caratteriale. La sua nascita per un insieme di circostanze si rivelò un dramma, ma non mi importava: avevo desiderato così a lungo un figlio che chiesi al Signore di lasciarmela in ogni caso, di potermi occupare di lei con amore senza fine, senza rimpianti perché ero io che la avevo voluta non lei ad avermi chiesto la vita.

Un vecchio adagio afferma che “il Signore dà i panni a seconda del freddo” ed è così.

I problemi di un bambino nei primi anni di vita sono più piccoli, sconosciuti, mi dicevo che tutti camminano prima o poi e non volevo vedere o riconoscere in lei la mancanza di passaggi posturali tipica dei bimbi: camminava se messa in piedi, ma non gattonava, non si arrampicava su un oggetto alla sua portata, non si aggrappava. Durante il corso per il parto, il dottor Lovati aveva detto “Io vi auguro di no, ma se per caso la cicogna dovesse essere nera, ricordatevi della Nostra Famiglia dove sono specializzati a verificare i danni cerebrali e aiutare la riabilitazione dei bambini. Andateci però al più presto possibile”. Preso atto che mia figlia aveva dei problemi, andai alla Nostra Famiglia e iniziai il percorso di tutti coloro che hanno un figlio con problemi psicofisici.

La prima cosa che chiedi è “Perché”? E la seconda “Perché proprio a me”? Poi “Guarirà”? “Che cosa posso fare per lei”?

Domande senza risposta, non guarirà perché non è ammalata e per lei non puoi fare niente, non puoi modificare la situazione.

Sconforto, impotenza e siamo solo all’inizio dell’avventura che si chiama vita. Passano gli anni e scopri che tua figlia può essere un fastidio per gli altri, che non puoi lasciarla mai sola, ma devi seguirla sempre per evitare che si faccia male. Il tuo amore di madre la avvolge in una calda coperta e la protegge dal mondo e stai bene con lei perché è dolce, affettuosa, nasconde l’egoismo del cucciolo nei sorrisi, è tenera e ha difficoltà a spiegarsi a farsi capire. E tu la ami ancora di più. Lo sai che non sarà mai autosufficiente, che non potrai mai lasciarla sola pensando che se la cavi e a questo punto ti rendi conto che se tu muori lei sarà sola, indifesa e senza risorse. La consapevolezza di questo fatto ti strazia: quando hai chiesto se potevi documentarti sul suo handicap per aiutarla ti è stato risposto che era meglio di no, che avresti solamente sofferto se non fosse riuscita a raggiungere gli obiettivi che ti proponevi, per cui ti senti inutile e con una paura che prima non avevi. Quella di morire e lasciarla sola.

A tante famiglie è successa la stessa cosa: è nato un figliocon la Sindrome di Down, o sano e un vaccino lo ha trasformato in disabile, un incidente d’auto lo ha ridotto in coma per qualche tempo, una febbre forte nei primi mesi di vita ne ha distrutto il cervello, una gestosi della madre ha determinato una sofferenza fetale o neonatale, e così via. Questi bambini sono passati assieme alle loro famiglie per percorsi analoghi al mio, sono diventati adolescenti e alcuni si sono trovati al CAMPP, centro diurno per disabili psicofisici

Nel 1996, quando, grazie alla L.R. 41/96 di riorganizzazione del settore dell’handicap, i tempi erano molto incerti per il futuro dell’accoglienza ed educazione dei disabili, su suggerimento di Luigino Dus (allora referente del CAMPP) i genitori dei ragazzi disabili che frequentavano il Centro a Codroipo costituirono un’associazione, La Pannocchia.

Non avevamo ancora le idee chiare su cosa volessimo fare. Per il momento ci bastava trovarci assieme, autotassarci per dare qualche chance in più ai nostri figli (gite, incontri conviviali, musica, spettacoli) e contestare le decisioni della Giunta di Codroipo (che a novembre 1996 scelse di affidare la gestione della disabilità all’Azienda Sanitaria) facendo da portavoce per tutti i genitori dei ragazzi accolti al CAMPP (che poi divenne CSRE) di Codroipo. L’Azienda Sanitaria non era in grado di gestire subito la disabilità, per cui questa rimase in delega al CAMPP fino al 2000.

Nel corso degli auguri natalizi alle associazioni del territorio, l’allora Sindaco Giancarlo Tonutti parlò di un suo sogno nel cassetto, quello di costruire un centro di accoglienza per i disabili senza famiglia, e invitò tutti coloro che fossero interessati a farsi avanti. Scoprimmo così che anche le pubbliche istituzioni conoscevano il nostro problema e questo ci fece pensare alla sua possibile soluzione. A gennaio avemmo un primo incontro con l’assessore all’assistenza sociale che però non aveva le idee chiare sul da farsi; e nemmeno noi…

A Carnevale 1997 sfilammo lungo le strade di Codroipo con i carri allegorici sotto la scritta “Dall’albero del CAMPP è nata La Pannocchia”.

A maggio 1997 per la Festa di Primavera Motori uscimmo in piazza Garibaldi con una bancarella che esponeva finestrelle fiorite e la frase “Una Finestra sul Futuro – Dopo di Noi (genitori) chi si occuperà dei disabili?”

Al nostro fianco l’APS Quadruvium, l’associazione Codroipo c’è, il Gruppo NAPA e la Banca Popolare Udinese. Un passante ci brontolò che non era giusto che si chiedesse aiuto ai privati: erano le Pubbliche Amministrazioni che si dovevano occupare di risolvere il problema. Ma se questo non succede?

Quel giorno nacque fortissimo in noi il desiderio di lottare per fare qualcosa per i nostri figli, per rendere più sereno il loro futuro: dalla consapevolezza del problema dell’abbandono per naturale contrazione del nucleo familiare alla ricerca di una soluzione possibile il passo è stato breve.

Lisetta Bertossi

Preludi – Prima parte

Come i pescatori del APS Quadruvium, il Gruppo NAPA è stato uno dei primi amici dei disabili, ancora prima della nascita de La Pannocchia. Infatti ogni Natale i suoi soci portavano dolci ai ragazzi del CAMPP ed erano disponibili ad acquistare per loro speciali attrezzature per lavoretti.

Anche il loro logo compariva nei manifestini della nostra prima uscita di primavera 1997, e da amici ci avevano affiancati e sostenuti. Parecchi ci conoscevano e parteggiavano per la ricerca di soluzione del problema che avevamo segnalato. Tra di loro, Marco Zuzzi, Giovanni Collareda detto il Nini, Viviana Scopece, Bruno Di Natale che, come appartenente all’opposizione nella Giunta Comunale, seguiva la disabilità e le possibili soluzioni del problema. Negli anni successivi, come consigliere regionale si diede da fare moltissimo per spiegare in Regione il concetto del Dopo di Noi, far prendere atto che il nostro progetto era buono e sarebbe stato realizzato qualora avessimo avuto fondi sufficienti.

Cosa potevamo fare per portare avanti la nostra idea e aiutare i ragazzi?

Ragazzi; a noi viene spontaneo chiamarli così sia perché sono nostri figli sia perché, quasi in una parodia de “Il Ritratto di Dorian Grey”, i loro visi non sono molto soggetti alle ingiurie del tempo. Probabilmente perché i problemi della quotidianità non li sfiorano, mentre incidono rughe di preoccupazione sui visi dei loro genitori. Per parecchi anni i disabili restano apparentemente ragazzini anche se alla fine il tempo si riprende la tregua concessa tutta in una volta.

Dunque…

Nell’estate 1997 un giorno chiesi al dr. Giancarlo Tonutti: – Se avessimo un progetto di massima del Centro di accoglienza, potrebbe giovare?

Alla sua risposta affermativa contattai mia cugina, l’architetto Attilia Visentini di Udine. Ella mi rispose subito che aveva pensato spesso a come far qualcosa per mia figlia, per cui si dichiarò disponibile alla stesura di un progetto di massima per una struttura di accoglienza per disabili, in cui avrebbe tenuto conto delle indicazioni specifiche che le avremmo dato. Naturalmente a costi supercontenuti.

Iniziò un nuovo anno e le persone che ci conoscevano e conoscevano il nostro progetto aumentavano: a febbraio 1998 si organizzò un Pomeriggio Carnascialesco in Discoteca, grazie alla sensibilità di Nicola che ci accolse al XL (già Scarpandibus) di Codroipo. Forse per la mite dolcezza della giornata i più preferirono uscire per prati, ma, nonostante lo scarso incasso, Nicola ci diede ugualmente un contributo da signore.

A tutti i nostri ragazzi piace la musica e uscite in discoteca se ne sono fatte negli anni!! Ospiti graditi all’XL, al Palmariva, a Lignano e alla Pizzeria Butterfly i ragazzi si sono esibiti in danze varie, lambade, rock e danze caraibiche, inebriati dai ritmi musicali e dalla libertà corporea che ne ricavavano.

Il progetto di massima era pronto, ma la gente che conosceva il progetto era ancora poca, per cui cercammo canali di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Uno dei primi sponsor fu Roberto Tubaro dell’assicurazione AXA: il suo contributo ci permise di far stampare le tessere associative per affermare la nostra identità associativa.

Pensammo che avrebbe potuto aiutare ulteriormente un’indagine sull’interesse delle famiglie per un centro di accoglienza residenziale e così ci demmo subito da fare.

Stilammo in gruppo volontari/educatori CAMPP un questionario di gradimento per la costruzione di un centro di accoglienza per disabili orfani o le cui famiglie si trovassero in difficoltà anche temporanea. Oltre che ai nostri soci esso venne inviato, grazie ai Servizi Sociali dei Comuni e dei medici di famiglia, anche ad altre famiglie dell’Ambito del Medio Friuli che avevano un disabile al loro interno.

A giugno 1998 avevamo i risultati: su 68 famiglie intervistate nei vari comuni dell’Ambito solo 7, con figli disabili di età inferiore ai dieci anni, non avevano ravvisato la necessità di un centro residenziale, mentre tutti gli altri erano favorevoli (qualcuno solo per le emergenze).

Confortati dal risultato positivo, inviammo il riepilogo con le cifre ricavate dall’indagine ai vari servizi sociali dei comuni, all’Azienda Sanitaria e alle Pubbliche Amministrazioni contattate. Intanto l’opera di sensibilizzazione al problema del Dopo di Noi aveva raggiunto varie persone che stavano ad osservare come si sviluppava il progetto.

Lisetta Bertossi

Preludi – Seconda parte

Nei primi tempi spendemmo una parte della cifra per gli arredi della nuova struttura che accoglieva i nostri ragazzi nel CSRE di Codroipo. La Provincia aveva terminato la costruzione dell’edificio di via Friuli per la fine dell’anno formativo 1997-8, ma mancavano completamente i mobili e gli arredi.

Grazie anche alla generosità dell’Emporio Roiatti snc e del vicesindaco Cordovado Daniele, riuscimmo ad arredare a sufficienza la struttura per settembre, inizio del nuovo anno formativo. I nostri ragazzi poterono così entrare nei nuovi locali e trovare una sistemazione dignitosa.

L’Associazione perseguì tenacemente l’agibilità globale della struttura, facendo da tramite e da collante, sostituendosi anche in proprio tra le varie istituzioni coinvolte che troppo spesso rimanevano incomprensibilmente bloccate perché i confini di demarcazione delle rispettive competenze erano incerti.

Nel corso degli anni successivi acquistammo altri mobili, computers, una fotocopiatrice e le attrezzature necessarie per lo svolgimento della vita del centro diurno.

Finanziammo anche attività particolari quali musicoterapia, ceramica, pittura, piscina, teatro, gite e feste per i ragazzi, in accordo con gli educatori e operatori del CSRE, senza mai dimenticare però l’obiettivo principale: la costruzione di una comunità alloggio per i disabili.

Il 20 settembre 1998 nel Duomo di Codroipo il sindaco Tonutti presentò alla cittadinanza il nostro progetto nel corso della Messa, contemporaneamente alla premiazione della Famiglia Rota per il loro sostegno alla chiesa e alla comunità. Don Remo ebbe parole di bontà per il nostro lavoro e per le sofferenze delle famiglie. L’aver scelto di iniziare il cammino nel raccoglimento e nella silenziosità del Duomo di Codroipo, indipendentemente dal credo delle persone, ha certamente una valenza morale.

Il due dicembre 1998 il progetto di massima dell’architetto Attilia Visentini venne presentato alla Cena Natalizia dei Lyons a Villa Manin, ottenendo la loro cauta approvazione. Successivamente questa si trasformò in caloroso sostegno con mille iniziative, quali raccolta fondi a San Simone, asta di quadri a Soleschiano, concerti, spettacoli ed altro; tutto questo fu iniziato dall’ing. Scolari di cui onoriamo la memoria per la sua umanità e dirittura morale e portato poi avanti da tante altre persone (dr. Oddone Bariani, dr.Orazio Civello, Tiziana Cividini, Monia Michelutti, Mario Cengarle e così via).

Al saluto di Natale 1998 il sindaco Tonutti riparlò della nostra associazione e del lavoro che stava svolgendo.

Ai primi di gennaio 1999, il presidente venne invitato ad un caminetto dei Rotary dove espose il problema del Dopo di Noi ed il progetto-proposta di soluzione, ottenendo un affettuoso sostegno morale ed un cospicuo contributo in seguito.

Ringrazio il ragionier Renato Tamagnini per l’interesse sincero con cui ha seguito la nostra associazione ed il lavoro svolto dai volontari per i disabili di cui si occupano, per il contributo che ci ha dato sia in sensibilizzazione sia di valido supporto morale, sia di raccolta fondi prima per la costruzione della struttura, poi per l’avvio gestionale. La stima che dimostra nei nostri riguardi è uno stimolo a continuare e a non demordere mai.

A volte ci sono degli intoppi che causano scoramenti, specialmente quando ci si sente impotenti a modificare le situazioni che si presentano. Ma l’appoggio di persone autorevoli e veramente interessate a risolvere i problemi sono come una mano calda che stringe la nostra e ci aiuta a trovare e imboccare la strada giusta.

Qual è stata l’utilità sociale di realizzare un centro di accoglienza permanente? La risposta è: enorme.

Qual era l’urgenza della realizzazione di questo centro? Improrogabile.

Grazie alla scienza e ricerca medica, la vita dei disabili si è allungata quasi più che per i normodotati, per cui essi sopravvivono ai loro genitori. In tutta la Provincia di Udine i centri adatti all’accoglimento residenziale dei disabili erano quasi inesistenti (solo 5!) ed il problema stava letteralmente scoppiando.

È stata perciò una gradita sorpresa vedere che, forse per il battage fatto o per la nostra continua presenza sulla piazza negli ultimi anni, invece di stancare, eravamo riusciti a convincere l’opinione pubblica sulla serietà dei nostri intenti, un modo per risvegliare la sensibilità e la solidarietà della gente, spingerla a dirsi: – Quel problema è importante, mi sento in dovere di fare qualcosa nei limiti delle mie possibilità -.

Credo che il 1999 e 2000 siano stati in assoluto gli anni in cui è fiorito il maggior numero di iniziative a favore del nostro progetto, da svariate parti e da più gruppi e associazioni del Medio Friuli.

Tante delle iniziative del 1999 sono state di ampio respiro, organizzate da gruppi che si sono impegnati al meglio delle loro capacità per darci il massimo aiuto, sia in raccolta fondi, sia in solidarietà e simpatia.

Lisetta Bertossi

Solidarietà

A fine 1998 e inizi 1999, con il supporto dell’ing. Scolari Musso Enrico, proprietario di una Delta Integrale, lavorò moltissimo per organizzare il 1° Raduno delle Lancia Delta Integrali che si sviluppò all’interno della manifestazione Primavera Motori 1999, in connubio con la solidarietà. La giornata splendida permise a tanta gente di seguire le auto nel loro percorso e la sicurezza venne garantita dalla Polizia Municipale di Codroipo e dalla Protezione civile: Spagnolo Bruno aprì la sfilata con una delle sue auto d’epoca e suo figlio Alessandro partecipò fuori gara con la sua Lancia Delta Integrale.

Musso, aveva lavorato alla costruzione di un plastico della comunità in base al progetto di massima che mostravamo a tutti: la realizzazione tridimensionale era certamente di maggior impatto rispetto al disegno, che andava bene più per gli esperti. Esso era esposto sotto una cupola di plexiglas su un supporto a colonna ad altezza superiore ad un tavolo. Negli anni a seguire Enrico fu un fornitore a prezzi imbattibili di attrezzature per La Pannocchia: la sua sensibilità e generosità fanno di lui un ottimo compagno di squadra.

La manifestazione Lancia Delta Integrali fu un notevole passo avanti nella sensibilizzazione territoriale, in quanto essa venne ripresa anche dalla Televisione e vi parteciparono persone provenienti da varie parti d’Italia. Patron era l’ing. Giorgio Barban di Treviso, entusiasta e dinamico amatore delle Lancia Integrali. Il ricavato dell’iniziativa fu buono e contribuì ad aumentare il fondo istituito da La Pannocchia presso la Banca Popolare di Vicenza (già B.Pop.Udinese).

In quella primavera l’associazione attivò una serie di incontri specifici su tematiche legate alla disabilità, chiamata “Incontri Formativi 1999”. Ad essi parteciparono educatori, operatori, assistenti sociali e volontari della Provincia di Udine. Le varie serate del congresso furono tenute dal dr. Flavio D’Osualdo (serata introduttiva), le d.sse Barbara Furlan e Elisa Cantarutti (la sessualità del disabile adulto), la d.ssa Anna Beltrame e il dr. Fabiano Nigris (l’alimentazione), il dr. Stefano Berloffa neuropsichiatra (comportamenti inadeguati) e il dr. Marco De Palma dell’ANFFAS di Pordenone che parlò con grande competenza del Dopo di Noi.

Gli incontri furono un notevole successo con una presenza media di circa 60 persone interessate per ogni serata.

Il 30 maggio 1999 la Banca Antonveneta di Codroipo sponsorizzò a nostro favore la 18° Codroipo in bici. Per molti Codroipesi e per gli altri partecipanti, provenienti da varie località della provincia e fuori, era certamente un gradito incontro al quale non volevano mancare.

Per noi, visto che negli anni passati la manifestazione si era svolta a favore di Associazioni di alto valore di utilità sociale (l’ultima era a favore della Protezione Civile, gruppo al di sopra di ogni commento), fu una scelta che ci onorava e ci faceva sentire compresi ed apprezzati. Negli anni futuri, la 19° e 20° edizione furono ancora fatte per noi.

A fine giugno 1999 i Lloyd di Codroipo e Basiliano organizzarono per noi la 1° Festa di Inizio Estate. Conoscete l’angolo del Friuli denominato “Casali di Loreto” ? È di proprietà della famiglia Parussini, e si trova a Sedegliano nel parco del Tagliamento. Se lo avete visto sapete quanto bello sia, e come in esso si ritrovi il volto rurale dell’antico Friuli, con tutti i suoi casali immersi nel verde di alberi anche secolari, con gli archi dei portici che danno sull’aia e su cortili freschi di erba verde e cespugli di fiori rustici. Essenzialmente è un luogo di pace e di attività rurale, fatto per godere la vita semplice in ogni sua accezione migliore. I proprietari sono delle persone sensibili e squisite, disponibili ed attente alle persone più deboli.

Essi hanno ricavato un agriturismo, anche residenziale, per far condividere a tanti il contatto con la natura più vera. In questa occasione i sigg. Cozzi Romano e Spizzamiglio Luigino fecero stampare delle magliette con il logo de La Pannocchia racchiuso in un cuore di brattee e la scritta “aggiungi un tuo mattone…(alla casa dei disabili)”. La maglietta fu, per noi, la più bella sorpresa della serata: qualcuno aveva raccolto la nostra idea e ci aveva aiutato spassionatamente, ma con tanto affetto, a tradurre in immagine la speranza che noi poniamo nel futuro, un’ipoteca di serenità per i nostri ragazzi così sfortunati.

Un grande grazie alla famiglia Parussini che ci aveva ospitati, ed ai Signori Cozzi Romano e Spizzamiglio Luigino che, assieme alla Signora Ganz, lavorarono indefessamente per la buona riuscita della serata. Tantissime altre persone parteciparono: a cucinare (come Cozzi Licio, e Giacomel Ennio, ad esempio, sempre disponibile: Sabato Santo aveva gestito il gazebo in piazza a Codroipo, assieme agli altri appartenenti al gruppo NAPA, per dare il suo contributo di solidarietà alla nostra causa), a distribuire bibite, a montare impianti elettrici e di amplificazione, a suonare.

Noi abbiamo mantenuto l’idea della Festa di Inizio Estate, anche se in luoghi diversi, che quest’anno è giunta alla 10° edizione.

Anche il sindaco Olivo Corrado raccolse fondi per noi con varie iniziative nel comune di Sedegliano: durante la festa per il suo insediamento, con l’Euroracing Kart, ed altre negli anni a seguire.

A luglio 1999 un gruppo di Gradiscutta di Varmo (grazie all’interessamento di Viaggi Boem) ci consegnò una parte della somma che aveva raccolto durante una cena intitolata “Remigio, il porcello grigio”. Del gruppo faceva parte anche il Sig. Pittini, già insegnante al Malignani del presidente Gremese Claudio.

In agosto partecipammo alla Festa di Talmassons, dove fummo ascoltati benevolmente dal sindaco d.ssa Annamaria Toneatto che diede la sua disponibilità per aiutarci.

Nell’estate 1999 il presidente si slogò una caviglia, così le sue ferie furono utilizzate per la stesura e battitura del Progetto da inviare in Provincia e a Roma con la richiesta di contributo sulla Legge 162/98.

Il dr. De Palma, direttore del Centro Locatelli di Pordenone, ci aiutò nella stesura del progetto di gestione futura del centro.

Con l’approvazione del progetto comunicataci in ottobre dalla Regione, ci sentimmo un po’ più vicini alla realizzazione della struttura. Ma eravamo ancora solo agli inizi.

La comunità locale ci stava a guardare con simpatia e ci aiutava nella raccolta dei fondi necessari per la prossima costruzione.

Come associazione, partecipammo a ogni kermesse di San Simone e organizzammo mercatini di Natale, creando occasioni di sensibilizzare la gente al Dopo di Noi.

Il primo anno che venimmo in piazza Garibaldi (ottobre 1997) non avevamo idea di cosa volesse dire gestire un gazebo enogastronomico. Grazie alla simpatia e generosità di Vito Babbino imparammo moltissimo, ed in fretta, su come comportarci. Perché Vito è un signore, insegna e la sua scuola di vita deve essere tenuta nella debita considerazione. Oltre ad impegnare del suo (poco) tempo libero per affiancarci, Vito ci fornì gratuitamente (e lo fa tuttora) birra, bibite e vino e ci diede indicazioni precise sulla somministrazione dei cibi e informazioni spicciole sui comportamenti da tenere. Le sue regole sono state preziose per noi e le mettiamo in pratica ancora oggi.

Partecipammo fin dall’inizio a Idea Natale presso gli stands Idea Solidale della Provincia di Udine, esponendo i lavori artigianali preparati dai soci e dai loro amici, lavori che attiravano l’attenzione dei visitatori ai quali potevamo così parlare dei nostri ragazzi.

L’Ateneo delle Idee organizzò assieme ai Lyons un’asta di quadri donati da artisti di chiara fama a Soleschiano presso Manzano, agli inizi di dicembre.

A fine dicembre 1999 presentammo in Regione una richiesta di finanziamento per la costruzione sulla base della Legge Regionale 44/87, supportati dall’architetto Maurizio Gobbato per gli aspetti tecnici.

E alla fine del Millennio, per un Magico 2000? Un calendario con i quadri di Patrizia, disabile ma molto abile nella pittura, seguita dal maestro Antonio Fontanini.

“Un paesaggio invernale, uno stretto ponticello su un ruscello, tutto nei toni freddi della neve e del gelo: bianchi, grigi e azzurri, ma quanta serenità in esso!…”

L’augurio per il 2000 è stato che tutti possano sentire dentro il loro cuore la solitudine di un disabile, il suo disorientamento quando non viene capito, la paura di dispiacere agli altri e di non essere gradito e trovino il modo per sciogliere ogni difficoltá come neve al sole, con il calore della loro comprensione ed amicizia.

Lisetta Bertossi

Continua la sodidarietà

A fine anno 1999 un altro calendario venne stampato per la Pannocchia, dalla C2: il Calendario dei Ragazzi della Pallacanestro di Codroipo. I nostri ragazzi sono disabili ma condividono con i normodotati l’amore per la vita e per il prossimo. “Anch’essi sono una delle tante immagini di Dio.”
L’iniziativa dei ragazzi della Pallacanestro di Codroipo fu sentita da noi come una risposta a questo fatto. Loro sono tutti ragazzi sani, allegri e scanzonati, atletici e soprattutto buoni nell’anima come avremmo sognato i nostri figli. All’incontro che avemmo con loro, emerse la loro paura di essere fraintesi, di dispiacere invece che far cosa gradita. Fu un’esperienza intensa parlare assieme e sentire la loro calda umanità.
Questi giovani atleti per cercare di aiutare i ragazzi meno fortunati fecero le foto nudi, aggiungendo il loro mattone al Centro di Accoglienza “Una Finestra sul Futuro” che ci eravamo impegnati a costruire. Michele Zuccato, fotografo artista di “Attimi”, realizzò le fotografie che furono utilizzate per il calendario con arte mirabile, catturando l’atletico movimento dei giocatori e fissandolo in modo che l’immagine restava dinamica e trasmetteva emozioni e sensazioni di movimento. Grazie ragazzi della Pallacanestro Codroipese per quello che avete fatto per i nostri ragazzi e, soprattutto, per come lo avete fatto: per la vostra sensibilità e bontà, per la vostra timidezza e spavalderia goliardica, per aver dimostrato amore per il prossimo meno fortunato! Vittorino De Giusti in quell’occasione divenne amico e sostenitore de La Pannocchia e cercò in tanti modi di sostenerci, invitandoci sempre a partecipare al Palio dei Rioni e facendoci avere “una goccia per il mare del nostro impegno” in ogni occasione possibile. In marzo 2000 le funzionarie della Regione e della Provincia ci contattarono assieme agli amministratori pubblici di Codroipo, il sindaco Tonutti e il vicesindaco Amo Masotti, per vedere chi tra le due parti avrebbe seguito la costruzione della comunità, se noi, privato sociale a cui era già stato accordato il contributo della L.162/98, o la Pubblica Amministrazione.
Si sa che il privato si muove in maniera più agile, che un’associazione di volontariato ha più agevolazioni, ma soprattutto avevamo conquistato la stima e la fiducia di tutta la Pubblica Amministrazione codroipese compresi i rappresentanti dell’opposizione, a prescindere da qualsiasi colore politico.
Ci venne così chiesto l’impegno ad occuparci della costruzione. Il significato profondo della proposta del dr. Tonutti, Sindaco di Codroipo, in qualità di Comune capofila dell’Ambito socio-assistenziale del Medio Friuli, fu questo. L’istituzione pubblica espressamente preposta all’esercizio della solidarietà si attivò assieme alla nostra associazione per creare la rete e l’unità d’intenti necessarie alla realizzazione di questo progetto. Poiché i nostri fondi non erano illimitati e a garanzia della prosecuzione dei lavori, in maggio furono prese delle decisioni straordinarie che richiesero la variazione del nostro statuto negli articoli 9 e 13: i rappresentanti del Comune di Codroipo e di un altro Comune dell’Ambito a rotazione entrarono nel Consiglio Direttivo de La Pannocchia con funzioni di controllo e supporto (art.9), e…”in caso di scioglimento dell’associazione i beni residui dopo pagati i debiti, saranno devoluti al comune di Codroipo “per scopi analoghi” (art.13). Tutti i sindaci dell’Ambito si tassarono per circa 3.000 lire (€uro 1,55 circa) per abitante del comune e versarono sul conto “Dopo di Noi” della Banca Popolare di Vicenza circa 150.000.000 di lire (pari a euro 77.468,54). A maggio 2000 la 19° edizione della Codroipo in bici si svolse ancora una volta a nostro favore e così la Cicloturistica di Sedegliano. Nel frattempo la popolazione locale continuava ad alimentare con i suoi contributi il nostro progetto. Alcuni furono destinati alle attrezzature per le future attività motorie dei ragazzi: biciclette, tandem, caschi utili per le uscite di primavera lungo le piste ciclabili che passano davanti alla struttura e creano occasioni di socializzazione con la gente del posto e quella che si incontra per strada. Grazie al Progetto Tandem, nel 2006 la nostra associazione ha vinto un premio CEE (10 in tutta Italia) sponsorizzato dalla Coca Cola, su segnalazione delle Scuole Medie Bianchi di Codroipo e Italo Svevo di Varmo.
A metà giugno, come di abitudine ormai, l’APS Quadruvium organizzò per i ragazzi la Giulietta & Romeo con lo scopo di far trascorrere loro una bella giornata all’aria aperta assieme a tanti amici pescatori e contemporaneamente raccogliere fondi per la costruzione. I pescatori sono gentili e disponibili verso i disabili, li aiutano e sono presenti per farli partecipare alla pesca. Giulio, un disabile patito del WWF, dopo aver provato a pescare ha deciso che le trote non sono animali, per cui si possono prendere all’amo. A San Lorenzo di Sedegliano raccolsero ancora fondi per la Pannocchia con la CoceByke.
Il 26 agosto gli alpini di Gradiscutta di Varmo dedicarono alla nostra Associazione e al suo Progetto il ricavato della megaFesta organizzata presso la struttura dell’azienda agricola del Sig: Calligaro Roberto: PASSAPAROLA è il nome dell’iniziativa, un altro tam tam dell’esistenza basato sulle migliori qualità dell’uomo (solidarietà, generosità, amicizia, tolleranza e amore per il prossimo). Ad essa parteciparono anche parecchi Sindaci e Assessori dei Comuni dell’Ambito e della Provincia.
Grazie a tutti gli alpini, noti per la loro grande disponibilità! Il 20 settembre 2000 la Giunta Comunale di Codroipo deliberò all’unanimità l’assegnazione per cinquant’anni del diritto di superficie con destinazione d’uso sociale sui terreni situati a est del Distretto Sanitario lungo viale F. Duodo, atto che venne formalizzato il 28 dicembre 2000 dall’architetto Gobbato in rappresentanza del Comune di Codroipo e dal presidente Gremese Claudio presso il notaio Lucia Stecca, sostenitrice del nostro progetto. Contribuì più volte generosamente ad incrementare i nostri fondi. L’atto venne inviato in Regione con una ulteriore richiesta di contributo sulla Legge 44/87 ad integrazione di quella presentata un anno prima.
E si rimase in attesa di conoscere le decisioni della Regione. Contattammo l’assessore regionale Bruno Di Natale per chiedergli di verificare se il nostro progetto aveva qualche chance e… scoprimmo di sì.

Lisetta Bertossi

Paul Harris Fellow

Il dodici dicembre 2000 i soci del Rotary Club Lignano Sabbiadoro Tagliamento concessero la loro più alta onorificenza, il “Paul Harris Fellow”, al presidente dell’associazione La Pannocchia con la seguente motivazione:-…Un dovuto riconoscimento sia alla “persona” Claudio Gremese per la dedizione e l’impegno profuso nell’attenzione alle esigenze dei meno fortunati, che all’Associazione da lei presieduta per le battaglie sostenute e che continua a sostenere per la realizzazione del Progetto “Una Finestra sul Futuro”-.

Il rotariano Renato Tamagnini, da sempre attento ai bisogni dei disabili, al momento del conferimento dell’onorificenza pronunciò un discorso sincero e commovente.

  • Per una felice coincidenza alcuni giorni fa, durante il Giubileo dei disabili, il Papa Giovanni Paolo secondo nella sua omelia ha affermato: “La disabilità non é l’ultima parola dell’esistenza. È l’amore la parola ultima; é il tuo amore cha dà senso alla vita. Il disabile, persona unica ed irripetibile nella sua uguale ed inviolabile dignità, chiede non solo cura, ma anzitutto amore che si faccia riconoscimento, rispetto ed integrazione: dalla nascita all’adolescenza, fino all’età adulta e al momento delicato, vissuto con trepidazione da tanti genitori, del distacco dai propri figli, il momento del DOPO di NOI”.

Sembra quasi inverosimile che le affermazioni del Papa siano in perfetta sincronia con il Progetto “Una Finestra sul Futuro – Dopo do Noi” che l’associazione La Pannocchia onlus di Codroipo presieduta dall’amico Claudio Gremese sta perseguendo con tenacia fin dal mese di Luglio 1996.

La dedizione e l’impegno amorevolmente profusi nella diuturna attenzione alle esigenze dei meno fortunati di Claudio Gremese hanno coinvolto anche noi rotariani al punto tale che attualmente guardiamo il disabile “in una luce più autentica, come a portatori di una abilità differente” (affermazioni del Papa).

È anche per questo motivo che il Club si sente profondamente gratificato per essere stato il tramite con la Fondazione Rotary del Rotary International nel conferimento a Claudio Gremese dell’attestato del titolo di “PAUL HARRIS FELLOW” in segno di apprezzamento e riconoscenza per il suo tangibile, significativo, determinante apporto alla ormai certa realizzazione dell’ambizioso Progetto “Una Finestra sul Futuro…Dopo di Noi” –

L’onore fu veramente grande, sia per l’associazione sia per il suo presidente, così al di sopra di ogni aspettativa da risultare quasi impossibile il ringraziare in maniera adeguata tutti coloro che ne furono gli artefici. Ma ci abbiamo provato ugualmente, con i fatti oltre che con le parole.

Per ora, un grazie di cuore a tutto il Rotary Club ed in particolare al suo past presidente Riccardo Caronna, a Renato Tamagnini per la sua simpatia ed a Renato Romanzin per aver inserito il nostro Progetto sulla facciata dei cartoni del latte delle Latterie Friulane, dando un grosso contributo alla diffusione dell’iniziativa e di immagine alla nostra associazione, rinunciando contemporaneamente ad un sicuro profitto perché il periodo natalizio è molto richiesto.

Mentre aspettavamo di conoscere i risultati ufficiali delle nostre richieste, ci informarono che dovevamo iniziare la gestione di una comunità alloggio in quanto avevamo ottenuto finanziamenti ai sensi della Legge 162/98 proprio per gestire dei disabili. Un gruppo di genitori e amici si offrì di finanziare l’acquisto di un appartamento in cui cominciare la gestione con un piccolo gruppo di ragazzi, in attesa che arrivassero materialmente i fondi per la costruzione della struttura di viale F. Duodo.

Sempre seguendo i suggerimenti del sindaco Tonutti, dal 2001 decidemmo di pubblicare il bilancio consuntivo dell’associazione per dimostrare a tutti e con la massima trasparenza come venivano utilizzati i loro contributi. Era giusto nei riguardi di tutti coloro che avevano creduto in noi e ci stavano supportando generosamente con le loro oblazioni.

Noi vedevamo la realizzazione di una Comunità di Accoglienza residenziale per i disabili senza genitori o i cui genitori fossero temporaneamente impediti a seguirli solo ed esclusivamente come un diritto alla vita con dignità; la nostra richiesta è stata la segnalazione di un vuoto allora presente nell’organizzazione sociale locale.

Ad ognuno di noi é stato garantito un percorso scolastico progressivo, una possibilità di inserimento nel mondo del lavoro e quindi una indipendenza progettuale per la propria vita, fino a poter preparare condizioni di vita dignitose per la propria vecchiaia.

Il disabile non potrà mai raggiungere niente di tutto questo: per lui era doppiamente ingiusto, se rimaneva solo ancora in età giovanile, essere internato in Case di Riposo e costretto, nel migliore dei casi, ad invecchiare assieme ad anziani non autosufficienti.

Questa fu la motivazione forte ad una solidarietà non ipocrita rivolta a tutti quale unica ed indispensabile condizione di riuscita.

Le manifestazioni avviate per il nostro fund raising continuarono dall’inverno all’inverno: concerti, incontri carnevaleschi, feste pasquali, per la 3° volta Codroipo in bici XX edizione, Cicloturistica di Sedegliano, la 3° Festa di Inizio Estate a Camino al Tagliamento, la Fieste dai Fruz a Turrida, Passaparola a Gradiscutta di Varmo, Palio dei Rioni, Euroracing kart a Sedegliano, Mont Martre in piazza e San Simone a Codroipo con il mercatino di Solidarietà organizzato dalla Caritas assieme ai bambini dell’oratorio, Idea Solidale, mercatini di Natale e pacchetti natalizi a Basiliano, cori natalizi e teatro dell’UTE, per citarne solo alcune.

Lisetta Bertossi

Gruppo appartamento

Il 26 maggio 2001 la Pannocchia pose il primo segno visibile del Centro da costruire sul terreno assegnato a questo scopo. Il cartello installato nel prato presso il Polo Sanitario di Codroipo era stato realizzato con la collaborazione di Tommaso Michieli, studente universitario in architettura (figlio dell’architetto Attilia Visentini), che ne aveva curato la parte grafica a computer, di Enrico Tossutti, pubblicitario, che aveva provveduto all’esecuzione delle pellicole e Chiandotto Pubblicità che lo installò fisicamente. Il cartello sarebbe diventato Cartello di Cantiere nel momento in cui la Regione ci avesse comunicato l’impegno sulla L. 44/87.

Come gruppo di genitori e amici dei disabili, comperammo un appartamento per avviare la gestione, anche se ovviamente in tono minore, in quanto il contributo ottenuto in base alla L. 162/98 richiedeva l’avvio della gestione del Progetto “Una Finestra sul Futuro”: Le necessità di un luogo di accoglienza per i disabili più gravi, in modo da poter dare un po’ di respiro alle famiglie, erano comunque presenti già da tempo.

I lavori di ristrutturazione e adeguamento dell’appartamento richiesero diversi mesi: vari associati prestarono la loro opera gratuitamente per modificare i locali, creare un doppio bagno, piastrellare a nuovo, adeguare il tutto alle normative della L. 626/94. Pierino Gori si occupò delle pratiche necessarie, dei disegni, dei calcoli in forma assolutamente gratuita. Lo ringraziamo per la sua esperienza dedicata a La Pannocchia.

Grazie ai consigli di Marco De Palma, contattammo la cooperativa FAI di Porcia di Pordenone, che si disse interessata ad avviare una gestione assistenziale nella provincia di Udine.

Così, ultimata la ristrutturazione, il 12 giugno 2001 iniziammo l’avventura gestionale sul banco di prova di un Gruppo Appartamento che andò avanti fino a marzo 2004. I primi tempi furono abbastanza duri, gli utenti erano pochi e poche erano le ore di accoglienza con costi pazzeschi. Un po’ alla volta però la situazione migliorò, gli ospiti residenziali diventarono tre con altri due diurni e i conti rientrarono, almeno in parte… Questo periodo fu molto importante per chiarirci le idee sui costi fissi e variabili di gestione, grazie anche alle consulenze gratuite del dr. Mario Banelli e del sindaco Boem Vittorino.

Per quanto riguarda i ragazzi, il lavoro quotidiano diede magici risultati: tutti quelli che frequentarono l’appartamento, facevano a gara a voler ritornare alla “Casa della Pannocchia”, come la chiamavano tra di loro, soddisfatti e piacevolmente occupati per tutto il periodo in cui il CSRE rimase chiuso per l’estate. Si trattò di un’ottima esperienza formativa e di crescita per loro e per le loro famiglie. Contemporaneamente al personale cooperativo si erano affiancati volontari motivati ed anche qualificati. Essi furono scelti tenendo conto sia delle preferenze dei ragazzi sia della grande disponibilità che davano: Giovanni, accompagnatore eccezionale per le uscite al mercato o in bicicletta, Pia, materna e sempre sorridente, Giuseppe, già educatore adorato con la rara abilità di mettere tutti a proprio agio ed indurre anche i più riottosi a collaborare serenamente.

In settembre, si avviarono laboratori di vario genere all’interno del Gruppo Appartamento per permettere a tutti i ragazzi le cui famiglie lo desiderassero di crescere in autonomia, prendendo dimestichezza con un ambiente diverso da quello familiare. Dall’esperienza ricavammo la certezza che non é il caso di aspettare un’emergenza, già traumatica in se stessa, per far loro conoscere un nuovo ambiente: il Dopo di Noi deve essere costruito Durante Noi.

Infatti emergenze ospedaliere a carico del solo genitore superstite, fecero vivere con paura la situazione ad un ragazzo, perché, non essendo ancora mai stato inserito in altri ambienti, si trovò nell’incertezza più pesante. A riprova di quanto sopra, una ragazza che aveva già iniziato a frequentare saltuariamente l’appartamento per partecipare a laboratori di socializzazione, invece visse serenamente l’esperienza della settimana in cui la madre fu ricoverata d’urgenza in ospedale.

Finalmente nel mese di luglio 2001 ricevemmo la comunicazione della Regione Friuli VG che le nostre richieste erano state accettate e dovevamo provvedere ad inviare loro il progetto esecutivo per l’approvazione da parte dei loro tecnici per l’edilizia, progetto esecutivo presentato al Comune di Codroipo il 9 agosto e poi inviato in Regione. Il progetto esecutivo definitivo venne approvato in Regione a ottobre 2001, con alcune modifiche dovute alla nuova Legge n. 328/2000.

In precedenza, per seguire le pratiche burocratiche e la costruzione dell’edificio, avevamo anche costituito un Comitato Tecnico di cui facevano parte tecnici, politici, volontari e imprenditori. Ancora oggi ringrazio l’architetto Maurizio Gobbato dell’ufficio Tecnico del Comune di Codroipo per l’aiuto che ci ha dato nel seguire le pratiche burocratiche anche con la Regione, Amo Masotti, burbero esperto di pubbliche Amministrazioni con un cuore grande così, Pellegrini Giovanni imprenditore edile del luogo e nostro consulente, l’ing.Edi Bazzarro progettista degli impianti elettrici, il p.i. Renato D’Agostin progettista degli impianti termoidraulici, Infanti Ezio impiantista termoidraulico e consulente manutentore ancora adesso delle magagne idrauliche della struttura, D’Agostin Angelico dello Studio Gamma responsabile della sicurezza di cantiere che ci ha fatto tutte le pratiche per l’accatastamento e le sue varianti, il p.i. Pietro Gori dello Studio Friuli, il geom.Adami esecutore dei calcoli computometrici, l’ing. Antonino Toscano per le verifiche in corso d’opera e l’ing. Andrea Pittolo per i calcoli in c.a. eseguiti gratuitamente Ringrazio inoltre gli architetti Visentini Attilia e Cristiano Michieli che si sono occupati dei progetti e della direzione di cantiere.

Il Comitato Tecnico organizzò la gara d’appalto per la costruzione della struttura; il 17 dicembre 2001 vennero aperte le buste e risultò vincitrice della gara la ditta Del Bianco srl.

Noi desideravamo una cerimonia che potesse riunire in un caldo abbraccio tutti coloro che avevano lavorato e partecipato in qualche modo a portar avanti il nostro progetto, così decidemmo di organizzare la posa della prima pietra per l’Epifania 2002. E in una luminosa giornata di gennaio, tepida per la stagione, tantissime persone vennero a vedere la Posa della Prima Pietra che fu deposta nel terreno con la pergamena coperta dalle firme di impegno dei molti politici intervenuti alla cerimonia e dei ragazzi de La Pannocchia. Don Remo Bigotto la benedisse e riscaldò i cuori degli intervenuti con le sue affettuose parole di bontà.

Un’altra tappa era stata raggiunta…ed eravamo sulla linea di partenza!

Lisetta Bertossi

Costruzione

Domenica sei gennaio 2002 un cielo splendente fece da sfondo alla cerimonia della Posa della Prima Pietra della Comunità Residenziale “Una Finestra sul Futuro”. La presenza di numerose autorità le conferì autorevolezza e quella della gente intervenuta, il calore affettuoso e partecipe di chi aveva creduto in noi e nella nostra iniziativa.

Tra i tanti discorsi, quello di un socio, genitore di un disabile, riassunse le paure, le speranze e le aspettative per il domani di chi conosce il problema dall’interno del proprio nucleo famigliare.

“Sono uno dei genitori di disabili psico-fisici dell’Ambito socio assistenziale del Medio Friuli.

La gravidanza è sempre l’attesa positiva di un figlio sano, bello e normale.

Ma che cosa accade in una famiglia quando la nascita di un proprio componente la catapulta nel mondo dell’handicap?

Se la cicogna risulta nera, la famiglia è sconvolta dallo shock di un’ingiustizia incomprensibile. Inoltre nel tempo il comportamento della società quasi colpevolizza i genitori di un figlio disabile. A questo punto scatta in essi un meccanismo di autodifesa che suggerisce come responsabile dell’incidente che ha reso disabile un bambino incolpevole un Ente Superiore… A volte c’è un allontanamento dalla Chiesa, un rifiuto e un’imputazione di responsabilità a forze non controllabili dall’uomo, un’accusa alla natura matrigna.

All’inizio si conosce la disperazione per l’incidente sfortunato che rende inabili o per la nascita di un figlio che rimarrà sempre diverso mentre lo si sognava “il più bello di tutti”.

L’accettazione della situazione immodificabile avviene lentamente, passando ore interminabili in anticamere per controlli specialistici o interventi sanitari che tentino di alleviarne i vari problemi, con la certificazione che non c’è speranza di una soluzione. A volte segue l’umiliazione di dover chiedere aiuto sia per problemi economici sia di organizzazione familiare, perché ci deve essere sempre almeno una persona ad occuparsi di lui; lo sconforto di lottare non solo contro la disabilità ma anche contro la burocrazia ed i burocrati; il fastidio di dover rivangare sempre daccapo tutta la vita del disabile e del suo nucleo familiare, ogni qualvolta si acceda ad un servizio sanitario o assistenziale.

Alla fine rimane l’angoscia del momento ineluttabile in cui si dovrà abbandonare il proprio congiunto…..”

Quella stessa sera ci venne conferita la 22° Targa d’argento “Jacun dai zeis” a riconoscimento del lavoro che stavamo facendo a favore della comunità: ancora una volta don Remo Bigotto fu ospite affettuoso e generoso.

Il 6 gennaio e la Cerimonia della Posa della Prima Pietra della Comunità residenziale “Una Finestra sul Futuro – Dopo di Noi” fu il primo passo concreto sulla via della costruzione.

Dopo questo momento significativo trascorse un mese intero senza che apparentemente si vedesse alcuna attività di cantiere, a parte il recinto perimetrale effettuato con la rete arancione. Quel gennaio faceva un freddo intenso, come non si vedeva da anni.

In realtà ci furono molti passi burocratici: venne stipulato il contratto di lavoro con l’impresa costruttrice Del Bianco srl di Udine, si espose il cartello di cantiere con i nominativi di tutti i professionisti che partecipavano all’opera, si richiesero gli allacciamenti all’Enel e all’acquedotto.

Il 20 febbraio con un tempo bello, freddo ma asciutto, l’impresa poté finalmente iniziare il lavoro con i suoi muratori, previa comunicazione al Comune di Codroipo.

Anche la Banca Antonveneta, che in occasione della posa della prima pietra ci aveva consegnato ben 8 milioni di lire come contributo della Codroipo in bicicletta, diede prova di fiducia nei riguardi della nostra associazione, sottoscrivendo una polizza fidejussoria per la Regione Autonoma Friuli V.G. a garanzia del contributo concesso in base alla Legge 44/87. Grazie al personale dirigente della Banca ed in particolare al rag. Renato Tamagnini, squisito e solidale sostenitore dei più deboli in ogni occasione.

Per tutto il mese di marzo, i lavori nel cantiere seguirono l’iter dell’inizio costruzione: scavi, riempimenti, getti di calcestruzzo e preparazione dei solai. Dopo aver tracciato i percorsi di base, si gettò il magrone.

L’ingegner Antonino Toscano, venuto ad effettuare un sopralluogo per i primi controlli statici in corso d’opera, si complimentò con l’impresa per la cura e l’ordine con cui lavorava, per la pulizia e la sicurezza del cantiere. L’ingegnere è un professionista di San Daniele che si offrì di effettuare le verifiche statiche della struttura in corso d’opera gratuitamente.

Durante il mese di agosto l’impresa sospese i lavori di cantiere per le ferie dei suoi dipendenti, ma la solidarietà non si fermò.

A Grions la Signora Mara Del Bianco organizzò a nostro favore il concerto vocale per Sant’Anna con il gruppo corale Ploe di Rosis, Pueri e Juvenes Cantores e due cori vocali giovanili di Sagrato e San Pier d’Isonzo (Gorizia).

Nella parte dello spettacolo interamente eseguita dai giovani Cantores e grazie anche alla meravigliosa voce della solista si diede un’interpretazione professionale e struggente del canto “Suspir da l’anime”, seguito da Immagine, El condor pasa e Everybody sing freedom. La esecuzione scatenò un’ovazione incontenibile da parte di tutti i presenti.

Contemporaneamente potevamo dirci orgogliosi dei “nostri” artisti in erba, i ragazzi disabili che frequentavano i corsi di pittura e ceramica presso le scuole di Sedegliano all’interno di un lavoro di rete con il Comune di Sedegliano (Assessorato alla Cultura) in collaborazione con la Scuola Territoriale della Salute del Medio Friuli e il Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli, i quali avevano organizzato un progetto di promozione all’agio con percorsi ed esperienze artistico-manuali di un’importante valenza socio-relazionale. I partecipanti alle due attività avevano potuto godere della competenza e umanità dei loro Maestri che riuscirono sì ad insegnare tecniche di base di pittura e ceramica ma soprattutto a trasmettere il calore della loro umanità.

Il risultato positivo dei corsi, a prescindere dalle tecniche imparate, fu l’impegno notevole dei ragazzi, incoraggiati da piccoli ma costanti miglioramenti, l’entusiasmo nato dalla consapevolezza di riuscire “bene” e l’affetto come stimolo a comunicare con gli altri anche senza bisogno di parole, a volte per loro difficili da mettere assieme.

A ottobre potevamo dire che la costruzione era in linea con il cronoprogramma che prevedeva la fine dei lavori per aprile 2003. I lavori proseguivano sistematicamente, si stava provvedendo al rivestimento esterno con i mattoni, si predisponevano gli impianti e le controcasse per gli infissi; i serramenti erano stati ordinati e così le piastrelle per i pavimenti.

E la gente durante San Simone veniva a trovarci nel nostro gazebo per bere un bicchiere in allegria e lasciare il loro generoso contributo.

A febbraio 2003 la comunità residenziale era costruita e si procedeva con i lavori interni, meno visibili dalla strada ma determinanti per ultimare il cantiere.

Gli impianti elettrici, idrici, sanitari, di riscaldamento e raffrescamento erano stati messi in opera, le pareti esterne rivestite dal caldo calore del mattone faccia a vista, gli intonaci ormai avevano imbiancato tutte le superfici; mancavano solo le finiture di alcuni angoli lungo i telai delle porte e finestre.

Ai primi di aprile si piastrellò, per prime le superfici dei bagni ed ogni bagno di un colore diverso in armonia con la propria camera. L’architetto aveva pensato di utilizzare il colore come segno identificativo delle varie stanze, tenendo il colore bianco come segno di non accesso, se non autorizzato, ai disabili (cucine, bagni del personale, infermeria, stanze di servizio). Un modo semplice e di facile comprensione per definire le varie aree.

Si era anche iniziato a prendere contatto con i mobilieri per gli arredi ed i tendaggi.

L’unico neo nell’insieme era rappresentato dal collegamento alla fognatura che non era ancora possibile. Questo fatto ritardò la conclusione dei lavori di alcuni mesi ma fu un altro banco di prova che ci dimostrò come anche le Pubbliche Amministrazioni collaborassero con noi per accelerare i tempi.

Così il 6 dicembre 2003 si poté procedere con la cerimonia dell’inaugurazione.

La giornata era fredda e umida con il sole nascosto dietro le nuvole, ma le oltre trecento persone che parteciparono alla manifestazione avevano dimostrato un affetto così grande, un orgoglio per l’obiettivo raggiunto, una stima e una gioia per la costruzione ultimata che nessuno si accorgeva del freddo atmosferico. Tantissime persone e istituzioni avevano partecipato a rendere bella l’area (quasi tutti i Sindaci dell’Ambito parteciparono con la fascia tricolore, la Polizia Municipale si occupò della sicurezza e dell’accoglienza, il Comune mandò i suoi dipendenti a pulire l’area esterna, la Protezione civile partecipò con i suoi, i Rotary ci regalarono e misero a dimora un magnifico ulivo simbolo di pace e prosperità, i politici intervennero numerosi assieme a dirigenti dell’ASS n.4, il Gruppo Ana di Gradiscutta venne con le sue bandiere come il Gruppo ANA di Codroipo, Babbino Vito ci prestò un grande capannone per il pranzo, la Fioreria Bruna ci regalò belle piante per ingentilire l’ingresso, i Lancieri di Novara prepararono e distribuirono il pranzo…) e tanta, tantissima gente ci abbracciò calorosamente sorridendo.

Il pittore Antonio Fontanini dipinse un quadro proprio per l’occasione, nel quale colse mirabilmente lo spirito dell’associazione: la pannocchia rappresenta i genitori che, con tenacia, con il sogno di una speranza nel futuro, sono riusciti a vedere nel muro una finestra da aprire verso la società. I gelsi, ancorati solidamente al terreno, generosi, sono mani friulane protese a dare aiuto a chi ne ha bisogno. Il sentiero tortuoso é il cammino della vita, percorso e da percorrere non per raggiungere una meta ma per vivere tutti i giorni nel miglior modo possibile, bagnato dalla pioggia di un temporale e momentaneamente illuminato dalla serenità dell’arcobaleno.

Che splendida giornata fu per me e gli altri soci: i nostri figli avevano trovato tanti paladini.

Lisetta Bertossi

Gestione

La nuova Comunità residenziale “Una Finestra sul Futuro – Dopo di Noi” inaugurata a dicembre 2003, dovette attendere il 18 marzo 2004 prima di poter accogliere i suoi ospiti, cioè solo dopo aver concluso l’iter burocratico che riconosceva l’idoneità della struttura e concedeva l’autorizzazione alla sua gestione, passando attraverso i percorsi del Comune e dell’ASS n.4. Situata a Codroipo in viale Duodo 86, gestita dall’associazione La Pannocchia onlus, può offrire accoglienza a 12 ospiti, più 2 posti per le emergenze e otto ospiti nel modulo diurno.

Per l’associazione la Pannocchia iniziò un periodo un po’ particolare: dopo aver molto lavorato per la realizzazione del Centro “Una Finestra sul Futuro – Dopo di Noi”, senza aver mai dimenticato le famiglie che assieme ai loro figli sono il vero obiettivo dell’operare dell’associazione, si arrivò alla gestione della Comunità Residenziale attraverso un’esperienza di due anni e mezzo nel Gruppo Appartamento, gestito in precedenza, che ci aveva dato la possibilità di imparare come effettuare un buon servizio diurno e di accoglienza a favore degli ospiti.

Finalmente si trasferirono i ragazzi dal Gruppo Appartamento alla struttura di viale Duodo; ad essi si aggiunsero subito dopo altri due. Si diede così inizio alla gestione più complessa di quella in essere fino a quel momento.

Dare un supporto alle famiglie tutti i giorni seguendone i figli anche oltre gli orari dei centri diurni, organizzare gite e soggiorni estivi, ospitarli durante i fine settimana, inserirli socialmente nell’ambito in cui vivono “durante noi” é il miglior modo per rendere più sereni e fiduciosi i genitori sul futuro dei loro figli. Essi possono così vedere che i loro cari sono capiti, accuditi con rispetto per la loro persona e personalità, in un’area protetta dai problemi quotidiani. Perché i nostri ragazzi sono come fiori particolari che possono vivere in un’area protetta al riparo dagli eventi che non sanno e non possono controllare.

Anche se in maniera soggettiva, i genitori percepiscono l’ottenimento di un buon servizio per il figlio disabile e lo vivono come una migliore qualità della propria vita in generale.

Da ciò si sono derivate indicazioni operative atte ad orientare la prassi dei servizi di supporto in una direzione che tenga conto dell’importanza insostituibile del punto di vista dei genitori.

Perché, come in un cerchio, sono maggiori le risorse dov’é minore lo stress, è più alto anche l’apprezzamento dei genitori per le prestazioni fornite dalle strutture diurne o di accoglienza residenziale frequentate dai loro figli; ricevendo una migliore qualità delle prestazioni da parte dei centri sanitari ed educativi e dalla società stessa, è possibile ridurre lo stress e migliorare le risorse nelle famiglie.

Certamente tutti i genitori di un ragazzo o ragazza disabile invecchiando sentono fortemente il problema del “dopo di noi” e naturalmente anche quelli del nostro gruppo lo sentivano.

La realizzazione di una struttura di accoglienza residenziale per i disabili orfani é stata la soluzione al problema del Dopo di Noi.

L’impegno solenne de “La Pannocchia”, preso nel momento stesso in cui si iniziò a raccogliere fondi, fu ed é quello di non demordere mai, ma di continuare a perseguire il suo scopo realizzando la struttura di accoglienza e poi gestendola nel rispetto dei diritti umani ed individuali di ogni persona disabile, cercando di trasfondere il calore del focolare nella comunità residenziale.

L’impegno è faticoso, ma tante mani si sono protese per aiutarci, per insegnarci cosa e quando fare le scelte necessarie.

Pilastri di questa nuova gestione sono stati gli operatori della cooperativa FAI ed i volontari.

I volontari che frequentavano e frequentano La Pannocchia hanno una grande carica di calda umanità verso tutti coloro che sentono più deboli e bisognosi di aiuto.

Queste persone, collaborando con gli educatori ed operatori della Comunità, seguono gli ospiti accolti in forma residenziale o diurna e, rispettando l’individualità di ognuno secondo un programma specifico, aumentano la loro autostima fino a generalizzarne i risultati, stimolano il mantenimento delle autonomie già acquisite e la ricerca di nuove, ne favoriscono il benessere psichico ed emozionale; risultano essere i migliori aiutanti che si possa desiderare.

Alcuni volontari lavorano in appoggio alle attività più dinamiche, quali gite, balli in discoteca, piscina, ippoterapia, palestra ed anche artistiche: mosaico, pittura o lavoretti nei laboratori occupazionali; quelli meno giovani si occupano di aggiustare i piccoli danni dei vestiti degli ospiti, di insegnare ai ragazzi nei laboratori di cucina, maglia e cucito, di accompagnamenti nei trasporti ma anche di giri in bicicletta, di giardinaggio, di supporto per piscina e palestra.

Alcuni sono come dei fratelli o sorelle maggiori per i ragazzi, gli altri sono quasi mamme o nonni affettuosi e gentili, persone che danno il calore del focolare a chi non lo ha più.

Non si penserebbe che fino a poco tempo fa questi volontari non conoscevano i ragazzi con cui oggi parlano e vivono occasionali attività in assoluta armonia.

È chiaro che ci vuole una fase di conoscenza più o meno lunga a seconda delle difficoltà personali di ciascuna delle due parti, ma la buona volontà di alcuni e la fiducia spontanea e illimitata degli altri sono dei catalizzatori eccezionali. Ed i risultati si vedono.

Nella quotidianità i musi lunghi sono banditi, e così pure le piccole rivalità. Grazie alla mediazione e al buonsenso dei volontari: si vede quanto i ragazzi siano felici di incontrarli dall’accoglienza festosa con cui li salutano quando arrivano nella struttura di viale Duodo.

È felicità nata dall’amore che ricevono e danno, senza altre implicazioni.

Volontari, vi vogliamo bene per tutto il bene disinteressato che avete per i nostri ragazzi!

Se qualcuno volesse venire a conoscerci meglio, se volesse avere contatti con i disabili de La Pannocchia, se avesse dei ritagli di tempo da utilizzare per gli altri, sappia che la nostra porta é aperta e che potrà trascorrere qualche ora in un clima sereno.

Le attività di sensibilizzazione e di raccolta fondi da parte nostra tendono costantemente alla ricerca di sostegno economico per la gestione della comunità.

Organizzare la vita quotidiana e i laboratori occupazionali per gli ospiti tutti i giorni dell’anno, fornire i servizi di mensa, pulizia, stiratura, area verde e trasporti è stata un’impresa piuttosto complessa alla quale si sono dedicate molte energie. Oggi, a distanza di più di quattro anni dall’inizio, pensiamo di essere abbastanza qualificati e di farlo bene.

Peccato che l’economia generale sia in crisi e le disponibilità liquide sempre più limitate. Per fortuna ci sono sempre persone che ci danno i loro contributi per garantire attività interessanti ai ragazzi. I contributi pubblici sono sempre più limitati, visto che devono coprire svariati bisogni della comunità (minori, anziani, stranieri, ecc.), per cui nella quotidianità si devono fare i conti con molta oculatezza e sperare ancora nei contributi dei privati di buon cuore.

Un desiderio che ci accompagna e che vorremmo veder realizzato è quello di conferire l’associazione in una Fondazione per dare una certa sicurezza di continuità per il futuro, perché il nostro lavoro non finisca con noi ma continui a tutela dei nostri ragazzi.

Nessuno di noi è immortale, né vorrebbe esserlo. La vita è una continua trasformazione dinamica per cui si devono trovare delle persone che abbiano i nostri stessi intenti e vogliano seguire le linee guida da noi tracciate a favore dei ragazzi; un altro punto è quello di avere entrate economiche che possano garantire loro attività varie e piacevoli, perché le sole rette in convenzione non riescono a coprire interamente i costi.

Sarà possibile diventare una Fondazione? Ce lo auguriamo di tutto cuore anche per una maggiore sicurezza per il futuro dei nostri ragazzi.

Lisetta Bertossi

Memento

Dopo aver raccontato la storia de La Pannocchia nei suoi dodici anni di vita, ora è il momento del ricordo di tutti coloro che ci hanno accompagnato per un tratto e ci hanno lasciato perché il loro tempo su questa terra era finito.

Ognuno di noi teme la morte perché teme di essere dimenticato, di sparire e non esistere più nemmeno nel ricordo.

Il desiderio di avere dei figli nasce dal bisogno di immortalità, non fisica, che vive in ognuno di noi. E visto che i nostri figli non potranno mai procreare, è un’altra possibilità che svanisce.

L’amore per gli altri aiuta a farsene una ragione, dà la possibilità di imparare che bisogna sapersi accontentare di quello che si ha per vivere sereni. Ci sono tanti altri che stanno peggio di noi e hanno bisogno dell’aiuto di altre persone per vivere; quindi perché lamentarsi dato che si é la persona che aiuta e non quella che deve essere aiutata?

A me piacerebbe riuscire a lasciare un testamento morale, un’indicazione, delle linee guida a coloro che si occupano e si occuperanno dei nostri ragazzi anche “dopo di noi”, cioè che diano ascolto a quello che veramente vogliono i disabili affidati alle loro cure. E se il mio messaggio riuscirà a entrare in loro, ne sarò lieta perché significa che mi hanno ascoltata, non solo con le orecchie ma anche con il cuore e saranno diventati paladini del popolo dei senza voce.

È giusto ricordare tutti quelli che ci hanno aiutato accompagnandoci per un tratto sulla strada della vita, chi si è dovuto ritirare rapidamente e tragicamente dal cammino, chi stava così male da desiderare l’oblio. Compagni e amici, persone sensibili e squisite che ora non ci sono più. Parlo di Italo, di Carlo, di Fortunato, dell’ingegner Scolari, del dr. Oddone Barriani, della Nina, di Natalia, di Lucio, di Luigi Venier….

Italo Mariutti era per noi un amico prezioso, un uomo gentile e generoso che non si è mai tirato indietro quando era il momento di darci un aiuto.

La sua vita non era stata sempre facile né felice, ma era riuscito a superare i brutti momenti con sicurezza e dignità. Non avendo mai accettato l’idea di essere fisicamente diverso dagli altri, si era sempre comportato ignorando il problema della sua gamba. All’inizio perciò gli sembrava quasi strano che non ci riuscissero anche i ragazzi disabili di cui noi ci occupiamo. Ma, con l’andar del tempo, vivendo vicino a loro a contatto con loro e le loro famiglie, si era reso conto che un disabile psico-fisico è tutt’altra cosa rispetto a chi ci sta con la testa.

Da quel momento in poi, verificate la serietà e determinazione che ci fanno muovere, era diventato un vero sostenitore delle nostre iniziative, un vero amico, insomma.

A S. Simone si prodigava per noi, per aiutarci, sia nell’approvvigionamento di quanto necessario per il gazebo sia con la presenza attiva e partecipe. Italo, uomo schivo e gentile, conosciuto da tantissima gente e stimato da tutti, con la sua sola presenza era di avallo per il nostro Progetto. Grazie anche per i burberi silenzi di disapprovazione quando le cose non giravano come dovevano da parte del mondo esterno

Nina, materna Nina, frizzante Nina… ha sempre avuto una gran voglia di vivere e un’apertura mentale grandissima verso gli altri.

Ora che si é addormentata per sempre, le sia dolce il riposo e il suo ricordo ci accompagni e ci tenga per mano, confortandoci.

Nina non ha partorito figli suoi ma i “ragazzi” del CAMPP sono stati i suoi figli diletti; e tutti loro le volevano un gran bene. Nicola, Ulisse, Nicoletta, Federica, Noris, Carla, Antonio, Ettore, Annalisa, Giacinta e tanti altri la ricordano con immenso affetto. Quando é mancata, hanno pianto: una ragazza con gran semplicità e amore, ha detto: – Nina era buona. Lei lavava Ettore e non gli ha mai detto che era sporco! – Questo la sintetizza perfettamente. Nina si é data da fare per i suoi ragazzi e per gli altri senza giudicare mai nessuno, facendo invece tutto quello che poteva per rendersi utile.

Anche Natalia é stata una persona speciale, una che coglieva sempre il buono della vita, con praticità e buon senso. Era un vero piacere starla ad ascoltare ed è una gran malinconia ripensare al suo modo di vedere la vita ormai al di là di ogni contatto.

È sempre stata dolce senza essere sdolcinata, un appoggio per coloro che avevano bisogno di lei, preoccupata che i ragazzi non venissero seguiti al massimo e sempre disponibile per loro.

Diciamo grazie ai suoi familiari per quello che ha fatto e per come lo ha fatto, per le sue buone parole di stimolo alla nostra iniziativa e grazie per aver scelto di aiutarci.

Carlo, da quando lo avevamo conosciuto, un po’ burbero a volte, cordiale ed allegro quasi sempre, lo abbiamo considerato una persona speciale e mi sono sentita onorata della sua simpatia per la nostra famiglia e per la causa che abbiamo sposato.

Quando sono venuti i giorni del dolore, della malattia e della sofferenza lo abbiamo visto vivere con estrema dignità la consapevolezza del suo male, supportato con amore e discrezione da Miranda e da tutti i suoi cari. Ogni esperienza di vita lascia un bagaglio dolce-amaro di ricordi e di conoscenza: quello che ci ha insegnato é che la vita vale la pena di essere vissuta, combattendo se occorre per ogni attimo. Ma quando il livello di qualità diventa troppo basso ed il dolore fisico toglie ogni dignità all’esistenza, é meglio lasciarsi andare, arrendendosi alla fine.

Questo vogliamo ricordare di lui: la gioia di vivere, la dirittura morale, la generosità del suo spirito, il fatto insomma che viveva sempre come si dovrebbe nel rispetto di sé e degli altri.

Esprimiamo un riconoscimento speciale di merito per la generosa solidarietà anche ai familiari della signora Cordovado Angelina che, ottemperando al desiderio di Zanello Luigi, ha devoluto un lascito testamentario all’associazione, l’edificio in cui attualmente si trova l’Ufficio di Collocamento di Codroipo. Quanto prima ricorderemo con un pannello speciale nell’ingresso della struttura de La Pannocchia il suo nome assieme a quello di altri benefattori.

Anche tanti genitori e familiari dei nostri ragazzi sono usciti dalla vita, a volte improvvisamente a volte dopo lunga malattia, da Andrea Carint a Maria Selva, da Sergio Iacuzzo a Luigi Rossi, da Vittore e Maria Maccagnan a Lucio Gesuato, dalla nonna di Cristian a Sereno Beltrame, a Venier Luigi… quante vite interrotte, quante situazioni di vita quotidiana da risolvere, quanto dolore e incertezza per i ragazzi rimasti soli.

Ora La Pannocchia, con il focolare della domus, esiste per tutelare la vita di chi è rimasto privo di famiglia, la sua dignità, il suo futuro.

Il mio forte desiderio é che qualcuno continui nel tempo la gestione di questa comunità residenziale con le caratteristiche attuali, in difesa del debole popolo dei senza voce, al di sopra di interessi puramente economici.

Lisetta Bertossi